L’ ESPANSIONE DELLA FEDE CRISTIANA NELLE TERRE MALCANTONESI.
Nelle nostre regioni la cristianizzazione non fu molto precoce. Spazzate via leggende prive di fondamento che vorrebbero far risalire la fondazione di alcune chiese addirittura agli apostoli si può individuare verso il IV secolo l’inizio dell’evangelizzazione, nei centri, lungo i percorsi principali e le vie d’acqua (Riva S. Vitale). Anche l’infiltrazione attraverso il substrato pagano fu lenta e non traumatica come quando un culto è imposto dall’alto. Fu soprattutto a partire dalla Chiesa di Milano ai tempi di S.Ambrogio che missionari ne iniziarono l’evangelizzazione con la creazione delle prime cappelle e pievi rurali, ma anche le Chiese di Ravenna e di Aquileia ebbero un ruolo non secondario nella diffusione del messaggio cristiano. Nelle nostre terre, alle popolazioni autoctone più antiche si sovrapponevano gente di origine gallica (Merovingi) e di origine longobarda. Mentre i Galli, a partire da Clodoveo erano cattolici, i Longobardi erano ancora ariani. Dunque è utopico pensare ad identità pure, la storia dei popoli è una storia di contaminazioni, etniche e anche religiose1.
LE PIEVI
È il limitato numero delle diocesi nel nord Italia e la conseguente vastità del loro territorio a giustificare la creazione delle pievi. Ciò che caratterizza la chiesa plebana è il fatto che essa è chiesa battesimale ed esequiale, ovvero, solamente in questa sede potevano essere amministrati i battesimi, i matrimoni e seppelliti i morti. Questa prerogativa, gelosamente salvaguardata, fu poi concessa anche ad alcune chiese con clero stabile, mentre altre chiese minori ottengono solo il diritto cimiteriale e quello di prelevare delle decime. A capo della gerarchia plebana stava un presbitero (praepositus) eletto dalla comunità locale e confermato dall’autorità diocesana.
LA PIEVE DI AGNO
Non sappiamo, quando fu fondata la Pieve di Agno, ma possiamo stimarne la creazione nell’ottavo secolo del primo millennio. La prima menzione si trova in un documento di Ludovico il Pio2 del 818, ma già un documento datato 30 gennaio 735 attesta una ricevuta di mundio stilata dal chierico Larario della basilica di S. Giovanni di Agno. La Pieve di Agno aveva un’estensione notevole. Comprendeva tutta la valle del Vedeggio fino ad Isone, il Malcantone, la collina d’Oro e le zone ora italiane di Lavena, Marchirolo e Cremenaga.
La pieve era originariamente di pertinenza ambrosiana per poi passare alla giurisdizione comasca che si era separata dalla provincia ecclesiastica milanese per unirsi a quella di Aquileia. Uno degli effetti della modifica di giurisdizione fu il passaggio dal rito ambrosiano a quello patriarchino3, che restò in vigore fino al 1598, quando con difficoltà papa Clemente VIII impose il rito romano. La Pieve di Agno aveva anche un Capitolo di sette canonici che si irradiavano nelle varie comunità per celebrare e recare i soccorsi della fede.
La Diocesi di Como rimase suffraganea del patriarcato di Aquileia fino alla sua soppressione (1751), quindi passò sotto la giurisdizione di Gorizia ed, infine, approdò alla provincia ecclesiastica milanese (1789).
LA CHIESA DI SESSA
Sessa ha sempre avuto, nei confronti della Pieve di Agno, una certa indipendenza e una notevole importanza data dalla presenza sul territorio della eminente famiglia dei De Sessa. Della iniziale comunità cristiana e della sua chiesa primigenia non si hanno notizie dirette, ma solo traslate da documenti attestanti lasciti; sovente sono solo intuizioni. Probabilmente già poco dopo l’anno mille esisteva una chiesa pressappoco sul sito dell’attuale prepositurale ma spostata verso la canonica e con orientamento est – ovest come voleva la prassi dell’epoca (altare ad est dove sorge il sole)4. Alcuni muri di sorprendente spessore lasciano degli indizi. La tradizione dice che questa chiesa primitiva fosse già dedicata a S. Martino, e ciò è plausibile essendo Martino un santo di tradizione, se non proprio di origine, gallica.
Accanto a questa chiesa pubblica è possibile che esistesse anche una chiesa (o cappella) privata al Castello dell’Albio costruita dai De Sessa, Comitibus Castri d’Albi 5. Potrebbe essere la chiesetta di S. Adalberto (ora S. Apollonia), rifatta e ingrandita nel corso dei secoli. I De Sessa essendo di origine longobarda è plausibile che abbiano voluto una cappella dedicata a un santo a loro più vicino, forse Adalberto Vescovo di Como nel VII secolo.
Il Beneficio di S. Orsola, aveva una cappella nella chiesa di Sessa. In un documento datato 23 novembre 1440 si menziona Pbr. Bertolus, come probabile primo cappellano del beneficio. Sul finire del ‘500 il cappellano Ercole De Bianchi fece erigere l’Oratorio di S. Orsola che porta sul frontone la data del 1601.
LA PARROCCHIA S. MARTINO DI SESSA E MONTEGGIO
All’epoca Concilio di Trento (1545 – 1563) fu eretta la Parrocchia di S. Martino. Essa governava un territorio più vasto dell’attuale e comprendeva le terre di Castelrotto, Croglio e di Cremenaga, ora Italia e allora Ducato di Milano sotto il dominio degli spagnoli. Il primo parroco fu Hyeronymus de Paganis che resse la parrocchia dal 1561 al 1571. La Chiesa di San Martino esisteva già nel 1288 con aggregate due cappellanie rette da cappellani beneficiati, forse non sempre residenti in loco. La chiesa originale fu poi rifatta e l'aspetto attuale è grosso modo quello del 1630. Nel 1672 il Vescovo Ambrogio Torriani di Como la elevò a prepositura.
Accanto alla parrocchia coesistevano i benefici di S. Maria di Corte e di S. Adalberto di Castello, quest’ultimo a titolo di abbazia. I due benefici furono poi incorporati nella parrocchia sul finire del ‘700, ai tempi del Prevosto Don Alberti.
CASTELROTTO SI SEPARA DA SESSA
Già pochi anni dopo la costituzione della parrocchia si manifestarono i primi desideri di secessione. Per le genti di Croglio e Castelrotto, specie d’inverno, con la neve, era disagevole venire fino a Sessa per le cerimonie religiose. A Castelrotto esisteva già una modesta chiesa, a navata unica, con piccolo campanile a vela per cui si chiese subito al Vescovo di elevarla a parrocchiale aggregandovi le terre di Croglio, Ronco, Barico, Biogno, Beride e Purasca. Ma non era così semplice, le direttive tridentine dettavano severe condizioni. Si voleva soprattutto garantire al parroco residente un vitalizio decoroso. Il Vescovo, mons. Gianantonio Volpi firma la separazione di Castelrotto dalla parrocchia matrice di Sessa e Monteggio alla condizione di costituire una prebenda per il futuro parroco ammontante a un valore equivalente a 50 scudi d’oro e la canonica resa idonea e conforme.
Il 18 febbraio 1580 con rogito notarile fu costituita la dotazione. Tutti i fuochi della vicinanza parteciparono, alienandosi mezza pertica di terreno. Data la miseria dei tempi, possiamo immaginare il sacrificio che questo comportava6. Infine il 4 maggio 1582 constatato come l’iter richiesto fosse compiuto, fu costituita la Parrocchia di S. Nazaro di Castelrotto, scorporando anime e territorio dalla parrocchia matrice.
Rimanevano le riserve del Parroco Franciscus de Rossis (o de Rotijs) di Sessa7 incluse nel documento costitutivo, ovvero:
I redditi decimali e primiziali che si versavano alla Parrocchia di Sessa, debbono continuare ad essere versati, meno però un terzo delle primizie dei luoghi separati ed assegnati alla Chiesa di S. Nazaro8.
Per assicurare alla chiesa matrice l’onore dovutole, gli uomini di quelle terre debbono offrire per la festa di S. Martino di ogni anno un cero del peso di due libbre e che il futuro rettore della Chiesa di S. Nazaro debba intervenire a concelebrare con il Parroco di Sessa per la festa di S. Martino e per l’anniversario della consacrazione di detta chiesa, sia alla S. Messa che ai Vesperi. Ha diritto però di ricevere dal Parroco di Sessa adeguata refezione.
Inoltre, se in occasione del funerale di un parrocchiano di Castelrotto, i famigliari del defunto volessero, oltre al loro parroco l’intervento di altri preti, debba essere invitato quello di Sessa che oltre la candela riceverà 15 soldi imperiali.
CREMENAGA SI SEPARA DA SESSA
La comunità di Cremenaga dette sempre grossi grattacapi ai rettori della Parrocchia di S. Martino. Quei parrocchiani si distinsero per la renitenza al pagamento dei tributi dovuti, ma la cosa, guardata con gli occhi di oggi si comprende facilmente con la grande miseria di quelle terre, tartassate dai balzelli degli occupanti stranieri. Già ai tempi di Don Alberti sul finire del ‘700 avevano dato prove di ribellione, ma il desiderio di autonomia si fece più pressante con il suo successore, Don Ferroni, sostenendo di non sentire il suono delle campane della prepositurale. Il campanile raggiungeva un’altezza che era la metà di quella attuale e fu immediatamente rialzato nel 1819 di circa venti metri, su progetto dell’architetto e ingegnere Carlo Donati di Astano. Niente da fare, Cremenaga continuava ad accampar scuse, non versando i contributi parrocchiali e quelli per il precettore consortile (con Monteggio).
Il 27 agosto 1834 mons. Carlo Romanò appena eletto Vescovo di Como, vuole risolvere la questione e invita Don Ferroni a stabilire l’importo di riscatto per lo smembramento di Cremenaga, ma Don Ferroni fa resistenza rischiando addirittura la sospensione a divinis. Alla fine interviene la politica con il Consigliere Molo che fece pressione su Don Ferroni adducendo il superiore interesse. In gioco c’era l’aspirazione ticinese ad avere una propria diocesi. Il pretesto della diversità di governo9 sostenuta da Cremenaga con l’appoggio del vescovo, costituirà un ottimo precedente da mettere sul tavolo al momento opportuno.
NOTE
1) Festività cristiane che si sovrapponevano ai culti pagani fagocitandoli.
2) Ludovico il Pio (778 – 840), Imperatore del Sacro Romano Impero, figlio terzogenito di Carlomagno.
3) Poco si sa del rito patriarchino in quanto pochissimo documentato. Era il rito della provincia ecclesiastica di Aquileia, probabilmente simile all’ambrosiano.
4) Le chiese erano costruite in modo da avere l’abside rivolto ad oriente, dove sorge il sole, simbolo della luce di Cristo, della risurrezione e della seconda venuta. Questa tradizione è rimasta in auge fino all’inizio del XX secolo, ma poco rispettata dal XVI secolo in poi, privilegiando piuttosto, dove era possibile la direttiva tridentina di costruire le chiese in posizione sopraelevata.
5) Comitibus Castri d’Albi, ovvero conti del castello dell’Albio. Il villaggio di Monteggio era chiamato Albio fino al 1819.
6) Abbiamo fatto i calcoli, sono 26'267 m2 più alcuni appezzamenti non misurati.
7) Qui rimane da risolvere una discrepanza. Nella cronologia dei rettori della Parrocchia di S. Martino, alla data del 4 maggio 1582 risulta in carica il prete Jacobus Cribellus. Don Franciscus de Rossis sarebbe entrato in carica solo tre anni dopo.
8) Le decime e tutti i livelli dovuti da Castelrotto decaddero nel 1798.
9) Dopo essere stata spagnola, poi francese, Cremenaga era a quel momento sotto gli austriaci.
Bibliografia
Archivio Parrocchiale di Sessa e Monteggio, Sessa
Francesco Bertogliatti Profilo storico di Sessa
Virgilio Chiesa Lineamenti storici del Malcantone
Giulio Rossi – Eligio Canetta Storia del Cantone Ticino
G. Vismara – A. Cavanna – P. Vismara Ticino medievale.
Danilo Mazzarello I Marchesi e il Beneficio di S. Orsola di Sessa.
Diversi La Parrocchia di S. Nazaro di Castelrotto.
Adelio Galeazzi (a cura di) Le memorie di Don Giandomenico Alberti
Santino Trezzini La Cronistoria di Astano.
G. Gentile – B. Schneider – B. Schwarz La vita quotidiana in Svizzera dal 1300
Mons. Martino Signorelli Storia della Valle Maggia
Sac. Dr. Enrico Maspoli La Pieve di Agno
Paul Schaefer Il Sottoceneri nel medioevo